lunedì 20 maggio 2013

Decimo Giunio Giovenale - Satira I

E io dovrei sempre e solo stare a sentire ? Mai che possa replicare, sfinito tante volte dalla Teseide di Cordo, che oramai ha perso la voce ? E lascerò dunque che quello mi reciti commedie, quell'altro elegie ? Lascerò che mi faccia perdere l'intera giornata un Telefo ingombrante oppure, scritto sul margine traboccante e sul retro di un libro spesso di fogli , un Oreste ancora incompiuto ? Nessuno conosce la propria dimora più di quanto io conosca il bosco di Marte e l'antro di Vulcano presso le rupi Eolie. Cosa facciano i venti, quali ombre tormenti Èaco, da dove un altro sottragga il vello dorato, che frassini grandiosi scagli Monico lo ripetono a gran voce i platani di Frontone e i marmi abbattuti e le colonne spezzate dal continuo declamare. Aspettati le stesse cose da un grande poeta e da uno senza valore. Anch'io ho tirato via la mano sotto il colpo della bacchetta, anch'io ho consigliato a Silla di dormirsela grossa senza più pensare alla politica. È da sciocchi, quando ti imbatti ovunque in così tanti poeti, usare clemenza ed avere riguardo per della carta destinata comunque a perdersi. Se avete tempo e se siete pronti ad ascoltare con calma le mie motivazioni, vi dirò perché preferisco correre nel campo in cui il grande figlio di Aurunca piegò i suoi destrieri.
Davanti ad un molle eunuco che si sposa, davanti a Mevia che a seno nudo trafigge un cinghiale toscano stringendo in mano lo spiedo da caccia, davanti ad un tale che da solo sfida in ricchezza tutti i patrizi messi insieme e che, quando ero giovane, se mi tagliava la barba, questa strideva facendo un gran rumore, davanti ad un pezzo di popolaccio nilotico, davanti ad un servo di Canopo, Crispino, che, tirando sulle spalle il mantello di porpora, sventola qua e là in estate, con le dita intrise di sudore, un brillocco d'oro e non riesce a sostenere il peso d'una gemma tanto grande, è difficile non scrivere satire. E difatti chi è così paziente da sopportare una città piena di eccessi, chi possiede un contegno tanto ferreo da potersi trattenere, quando arriva la lettiga nuova dell'avvocato Matone con lui dentro, e dietro di lui il delatore di un grande amico, che presto si porterà via quanto rimane di una nobiltà divorata, uno che Massa teme, che con doni liscia benevolo Caro e Timele, infilatagli sotto per le paure di Latino ? Quando ti scalzano quelli che guadagnano testamenti facendo le nottate, quelli che li trascina su in cielo una strada migliore verso il successo, la vescica d'una vecchia benestante ? Proculeio si prende la dodicesima parte dell'eredità, ma Gillone le altre undici, ciascuno eredita quanto gli spetta secondo la lunghezza dell'inguine. Si prenda pure la ricompensa del sangue e così perda il suo bel colorito come chi a piedi nudi calpesta un serpente o come l'oratore che va a declamare davanti all'altare di Lione. Ma come posso esprimere con quanta ira mi bruci il fegato disseccato, quando infastidisce il popolo con un branco di scherani questo predone del suo pupillo, che è costretto a vendersi, e quest' altro condannato da una sentenza priva di applicazione ? Che importa in fondo l'infamia se il denaro è messo in salvo ? Esule Mario beve fin dal primo pomeriggio e se la gode, pur sotto l'ira degli dei: mentre tu, o provincia, hai vinto il processo e ti lamenti.
E non dovrei credere che tutto ciò sia degno della lucerna di Venosa ? Non dovrei raccontarlo ed esprimere il mio biasimo ? E cos'altro di più ? Forse dovrei raccontare ancora dei tanti Eracle o Diomede, o del muggito del labirinto o del mare sulle cui onde si schianta il fanciullo, del fabbro che vola, quando, se la moglie non ne ha diritto, i beni dell'amante se li prende il marito ruffiano, abile a guardare il soffitto e a russare col naso sveglio vicino al bicchiere ? Quando è convinto di poter sperare nel comando di una coorte chi ha buttato il denaro nei cavalli ed ha perso l'intero patrimonio di famiglia, ed intanto vola sulla Flaminia in gran corsa con il carro, come fosse Automedonte di primo pelo ? E tiene egli stesso le redini, mentre si getta fra le braccia dell'amica vestita con la toga. Non viene forse voglia di riempire, in mezzo alla strada, ampie tavole di cera, quando sul collo di sei schiavi è portato di qui e di là in bella mostra, con la lettiga quasi tutta aperta, assai simile ad un Mecenate in panciolle, un falsario, che si è fatto ricco e spensierato con l'aiuto di poche tavolette e di un sigillo inumidito ? Ti viene incontro una ricca matrona che, quando il marito ha sete, mente gli porge del dolce Caleno vi mescola succo di rospo, e più abile di Locusta insegna alle vicine inesperte a portar via e seppellire, in mezzo allle chiacchiere del popolo, i mariti neri di veleno. Se vuoi essere qualcuno, compi qualcosa che sia degno della piccola Giaro o del carcere. L'onestà certo è lodata, eppure stenta al freddo. Ai crimini commessi devono i giardini, gli onori del pretorio, le tavole imbandite, l'argento vecchio ed il capro che si drizza sulle zampe fuori dei bicchieri cesellati. E chi potrebbe dormire pensando al corruttore di una nuora insaziabile, chi pensando alle spose senza vergogna e all'adultero con indosso ancora la pretesta ? Se la natura lo nega, è lo sdegno a comporre il verso, quale che sia e come può, come posso io o Cluvieno.
Dal tempo in cui Deucalione, quando il diluvio aveva sollevato le acque, con una nave salì sul monte e chiese il responso, e poco a poco i sassi, persa la loro durezza, si intiepidirono al soffio dell'anima, e Pirra mostrò ai maschi nude fanciulle, tutto quanto compiono gli uomini, le preghiere, i timori, l'ira, i piaceri, le gioie, gli errori, questa è la materia variegata della mia opera. E quando sarebbe possibile trovare una così larga abbondanza di vizi ? Quando il seno dell'avidità si aprì in modo più ampio ? Quando il gioco rese manifesti tali desideri ? Non si va al tavolo con piccole somme, ma si gioca puntando l'intero forziere. Quante battaglie vedrai là quando il cassiere distribuirà le armi ! Non è forse pura follia buttare cento sesterzi e non consegnare la tunica al servo che batte i denti ? Quale antenato ha mai edificato così tante ville, quale mai ha cenato in disparte con sette portate ? Ora una sportula giace sulla porta di casa, se la strappa di mano una folla di gente vestita con la toga. Quello però innanzitutto guarda la faccia e teme che tu venga fingendo di essere un altro e ti metta a chiedere sotto falso nome. Riceverai solo dopo che sei stato riconosciuto. Dà l'ordine al banditore di chiamare proprio i discendenti di Troia, infatti calcano anch'essi la soglia assieme a noi. "Da' al pretore, poi al tribuno !" Ma c'è prima un liberto "io – dice – qui sono davanti a tutti. Perché dovrei temere o esitare a difendere il posto, anche se sono nato presso le rive dell'Eufrate, come dimostrano, inutile negarlo, i femminei buchi agli orecchi ? Ma cinque taverne rendono quattrocentomila sesterzi. Ed una porpora più larga cosa offre da desiderare, se Corvino nella piana di Laurento pascola greggi in affitto, ed io possiedo più di Pallante e dei Licini ? Attendano i tribuni dunque, vincano le ricchezze, perché non ceda alla sacralità della carica chi da poco è giunto in questa città coi piedi verniciati di bianco; tra noi è sacrosanta la maestà della ricchezza, sebbene il denaro funesto non abbia ancora preso posto in alcun tempio, e alle monete non abbiamo innalzato nessun altare, come si venera la Pace e la Fede, la Vittoria, la Virtù, e la Concordia che strepita quando sul tetto del suo tempio gli uccelli vengono a salutare il nido. Ma quando le cariche più alte alla fine dell'anno si mettono a fare i conti, che vantaggio dà la sportula, quanto ci si guadagna, cosa fanno i clienti che da qui ricavano la toga, da qui il calzare e il pane e il fumo del focolare domestico ? In fila le lettighe richiedono cento quadranti, e viene dietro al marito la moglie malata o incinta, che però gira dovunque. Il marito scaltro nell'arte ben conosciuta chiede soldi per chi non c'è , mostrando al posto della moglie la lettiga vuota e chiusa. "C'è la mia Galla – dice – lasciami andare alla svelta. Che aspetti ? Metti il naso fuori, Galla ! Non infastidirla, dorme". La giornata si suddivide in momenti precisi: la sportula poi il Foro, Apollo che si esprime in merito ai processi e i busti dei trionfatori, fra i quali ha avuto il coraggio di mettere un'iscrizione non so quale Egizio o capo di Arabi, sotto la cui immagine ci potresti pisciare e fare pure dell'altro. Si allontanano dall'ingresso i vecchi e stanchi clienti, ripongono i loro desideri, sebbene la speranza di cenare era grande. Per dei miseri cavoli anche il fuoco bisogna comprarsi. Nel frattempo il loro patrono, simile ad un re, divorerà il meglio dei boschi e del mare, ed egli solo se ne starà disteso sul letto vuoto. Infatti con tante belle, larghe ed antiche tavole a disposizione mangiano interi patrimoni su di un'unica mensa. Non vi sarà nessuno scroccone. Ma chi potrebbe sopportare questo squallido lusso ? Quanto è profonda la gola che si mette davanti interi cinghiali, animale nato appositamente per i banchetti ? E tuttavia la punizione è prossima, quando tu rigonfio getti il mantello e porti con te nei bagni un pavone mal digerito. Da qui le morti improvvise e una vecchiaia che non fa testamento, e la notizia recente, ma non rattristata, che fa il giro da una cena all'altra; si va in processione durante il funerale, che gli amici debbono applaudire, anche se sono furibondi.
Non vi sarà nulla che il futuro possa aggiungere ai nostri vizi, i figli dei figli compiranno le stesse cose, avranno gli stessi desideri, ogni vizio ormai è scivolato sul fondo. Alza la vela, distendi ogni piega . Ma forse tu mi domanderai: "in che modo l'ingegno sarà pari alla materia ? Da dove prenderai quella schiettezza degli antichi nel dire con animo acceso qualunque piacesse loro ? ". "Di chi non ho il coraggio di fare il nome ? Che importa se Muzio perdona o meno le mie parole ?". "Mettici il nome di Tigellino: appeso andrai a fare da torcia come quelli che in piedi bruciano con il petto che gli fuma, e lascerai un ampio solco nel mezzo dell'arena". "Allora chi ha dato il veleno a tre zii, verrà condotto sospeso sulle piume e di lì ci guarderà con disprezzo ?". " Quando ti verrà incontro frena il labbro con il dito: ci sarà un accusatore che dirà: è lui. È meglio che tu faccia combattere Enea ed il fiero Rutulo, a nessuno dà fastidio un Achille ferito oppure un Ila a lungo cercato e che se ne andò dietro all'anfora; ma ogni volta che Lucilio freme di sdegno, come sguainata la spada, chi ascolta arrossisce, sebbene abbia la mente resa gelida dai delitti, ed il cuore gli suda in silenzio per la colpa. Da qui l'ira e le lacrime. Rifletti dunque su tutto questo prima di dar fiato alle trombe: chi ha ormai l'elmo in testa non ha più tempo per pentirsi del duello". "Allora farò la prova di quello che si può dire contro coloro la cui cenere è coperta dalla via Flaminia e Latina !".